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martedì 4 agosto 2015

Lettera sull'incendio del Viale Africa

Il rogo all'ex Raffineria;
foto di MeridioNews (FONTE).
Riceviamo questa nota dal Comitato Antico Corso:

Da mesi partecipiamo ad una "fabbrica" cittadina con impegno (nostro e di molte altre organizzazioni) costante senza che, tuttavia, si riesca a far rientrare nella discussione del cosiddetto "decoro" alcuna delle tematiche che darebbero senso ad una VERA politica di Rigenerazione urbana, di strategia economica e di sviluppo urbanistico oltre che condiviso, logico e rispettoso dei termini ambientali su cui il presente Papato,  gli Stati Uniti e la stessa Cina sembrano aver preso coscienza dell'emergenza.

Prevalgono invece logiche di dissipazione delle risorse, ulteriormente discriminatorie ed anti solidali, dove ancora una volta il bene pubblico diventa indisponibile per qualsiasi politica sociale ed atto solamente ad una infinita sequela di appalti in successione per ripristinare il ripristino ed il ripristino del ripristino in una fornace che divora Milioni di Euro e brucia risorse diversamente utilizzabili per garantire i diritti essenziali ai cittadini e, in una doverosa dimostrazione di civiltà, anche degli occasionali immigrati.

La scuola passa in terz'ordine (e nel centro storico abbiamo un recente esempio), la Sanità diventa un lusso e la possibilità di prevenzione cala ogni giorno di più.

Il rogo dell'area di Viale Africa è l'ennesima dimostrazione di come il denaro dei cittadini sia tenuto minimamente in considerazione.

La discussione sull'assegnazione dei beni pubblici langue nella palude delle piccole unità e nell'esercizio della “anticipazione pittorica” (oggi si chiama Rendering, così il cittadino, ingenuamente, crede di trovarsi davanti a qualcosa di tangibile) mentre per i grandi spazi si lascia che accadano tutte le fasi del degrado: mancato completamento, mancata utilizzazione, mancata sorveglianza, mancata pulizia, fino alla perdita totale e la assolutoria formula: concesso a…., in genere altra potente istituzione in grado di ricambiare favori, ed ogni obiezione viene spenta con un: “Allora era meglio lasciarla in abbandono?” Era così che nel passato la nobiltà depredava i beni altrui?!

Intanto Catania, la tanto decantata città delle "emozioni", il "treno della Sicilia",La Milano del Sud", la quintessenza dello spirito di iniziativa, dimostra solo di avere una grande entropia disordinata, caotica ed assolutamente inutile in un mondo di cui Catania non fa parte, da tempo: un mondo in cui si programma nell'interesse pubblico, non solo di quello privato. Una città che pur investita da un flusso migratorio non ha saputo, né voluto organizzare una vera politica dell'accoglienza e non essendo in grado di convertire i grandi contenitori in alloggi di emergenza, pensa di prendere l'ultimo treno dei Fondi Europei della misura 3.03 FSE per dare avvio a nuovi cantieri e cementificare quanto rimane della Plaja (altro che cemento zero).

Domina una logica di rapina del territorio e di depauperamento dei beni indisponibili al solo fine di fare "cassa" e neanche una "cassa" per gli investimenti, ma solo per colmare i buchi correnti che continuano, ovviamente, ad aprirsi ad una velocità maggiore di quanto non si richiudano.
Permane una logica della programmazione "consuntiva" senza tenere minimamente in conto che i disoccupati crescono in maniera vertiginosa e che il reddito pro capite è sicuramente dimezzato, in questo contesto cresce solo l’economia che non conosce e non rispetta le regole.

Intanto l'amministrazione pensa di risolvere i propri problemi economici chiedendo altro denaro ai cittadini sotto forma di balzelli e tariffe esorbitanti, mentre elargisce premi di produzione a funzionari vari (vorremmo sapere per quali risultati evidentemente non pubblici). Non abbiamo visto finora, nel concreto una vera politica di razionalizzazione della spesa, né delle scelte che mitighino le crescenti diseguaglianze, le risposte fornite , dai soldi alle regole urbanistiche,sono incomprensibili alla maggioranza dei cittadini a causa del linguaggio strettamente TECNOCRATICO: la mancanza di chiarezza lecitamente spinge a dubitare della correttezza delle scelte!

Per finire riteniamo sia utile ragionare sul fatto che termini significativi quali “partecipazione” e “ innovazione” siano entrati nel lessico corrente dei detentori del potere che, pur non condividendone i significati di democrazia compiuta, ne abusano l’uso in maniera fuorviante: sviluppo partecipato, rigenerazione urbana, processi di gestione condivisa, etc.. hanno per essi il valore del “passpartout” , mentre di fatto nessuna innovazione, nessuna rigenerazione, nessun processo partecipativo sono stati messi in campo, solo annunci.

Forse è il caso che i cittadini attivi cambino o cancellino queste parole dai discorsi per restituire forza ai principi veri.
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